Museo Archeologico di Sarsina

Lungo la ridente vallata del Savio, tra le sorgenti del Tevere e quelle del Rubicone, sorge Sarsina, situata nell’ultimo lembo di Romagna, al confine tra Marche e Toscana, città di origini umbre fondata tra il V e il IV secolo a. C. 

Salita alle cronache storico-letterarie per aver dato i natali a Tito Maccio Plauto, il più importante commediografo di tutti i tempi, Sarsina nasconde tutta una serie di tesori artistico-culturali, ambientali ed enogastronomici atti a soddisfare anche i palati del turista più esigente. 

Sarsina fu conquistata da Roma nel 266 a.C., successivamente divenne città foederata e quindi municipio, finchè Augusto la assegnò alla Regio Sexta, l’Umbria. 

Le testimonianze della vetusta Sassina sono racchiuse all’interno del Museo Archeologico Nazionale, nato attorno al 1890 con lo scopo dell’allora amministrazione comunale di trovare uno spazio idoneo a contenere le numerose testimonianze di epoca romana che man mano il sottosuolo del centro città restituiva. 

Il Museo è distribuito su due piani: il pian terreno ospita i resti monumentali degli edifici urbani e della necropoli, illustrando al contempo i vari aspetti della vita pubblica, mentre il primo piano ospita la sezione del museo dedicata ai vari aspetti della vita privata e ai rinvenimenti effettuati in due domus residenziali urbane. 

I reperti più importanti sono sicuramente il mausoleo di Rufus (fine del I sec. a.C.), la più imponente (oltre 4 metri la base quadrata per oltre 13 l’altezza) tra le quattro tombe “a mausoleo” presenti nella necropoli sarsinate: si compone di un grande basamento con iscrizione dedicatoria, un corpo mediano a forma di cella templare - spesso con colonnato anteriore e finta porta interna- una copertura a cuspide che di regola, in regione, assume forma piramidale. 

Di fronte al mausoleo di Rufus possiamo ammirare il maestoso mosaico con il Trionfo di Dioniso (III sec. d.C., quasi 9 metri per oltre 6), qui ricostruito a parete ma realizzato in origine per la sala da pranzo (triclinium) di una domus rinvenuta a metà degli anni Sessanta nel centro città. Il mosaico è realizzato con tessere in marmo e pasta vitrea ed è particolarmente interessante da un punto di vista stilistico - difficilmente riscontrabile con altri in Italia- e temporale, a conferma che Sarsina non risentiva della crisi economica che imperversava in tutto l’impero. 

All’interno del museo troviamo anche un’ampia sezione dedicata alle divinità orientali, trovandosi a Sarsina l’unico tempio interamente ad esse dedicato di tutta l’Italia centro-settentrionale; vi si veneravano, infatti, divinità di due differenti filoni di culto, quello dell’area egizia e quello dell’area frigio-anatolica ( del cui gruppo scultoreo superstite fa parte Attis, divinità fanciulla di riferimento del collegium dei boscaioli, fortemente rappresentati all’interno del municipio sarsinate). 

L’ultima sala si apre con la ricostruzione, ad opera di uno studio artistico sarsinate tutto al femminile e la consulenza della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, di un secondo triclinium, di cui ci resta il pavimento a mosaico policromo raffigurante Ercole ebbro sorretto da un satiro e alcune porzioni dell’originale decorazione parietale.  

Un’altra gemma del museo è rappresentata da una testa femminile (metà I sec. d.C.), proveniente da un edificio pubblico, con ogni probabilità riconducibile alla famiglia imperiale e, più precisamente, a Livia, la moglie di Augusto. 

La fierezza e l’eleganza di quel volto resteranno col visitatore, quando se ne andrà e porterà con sé gli echi e le suggestioni di un passato glorioso che tra queste mura torna ogni volta più vivo che mai. 


Per il testo si ringrazia Stefania Perini

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